Penna&Calamaro - N° 0012
Della serie: Una storia - Distopia - Fantascienza
Tre delle quattro luci LED erano verdi ormai e tutte le persone in sala attendevano con ansia che il processo giungesse a conclusione. L’evento era in diretta in mondovisione e il dottor Adam Evoli aveva riposto la sua trentennale carriera tutta in quel progetto.
Si distrasse un attimo per ricordare con piacere il giorno in cui, per la prima volta, mostrò a sua madre il prototipo embrionale di intelligenza artificiale testuale da cui tutto era partito e la donna, figlia di immigrati italiani di lunga tradizione cattolica, lo baciò sulla testa e, con il suo accento marcato, gli disse “Figlio mio! Sono contenta per te!». Dopo essersi fatta il segno della croce, aggiunse «Che Dio ti aiuti!”.
Un sonoro BEEP riportò il dottore alla realtà. La prima fase era completa e con un cenno del capo lasciò intendere al militare al lato della struttura che tutto era pronto. Per sua stessa volontà chiese che la stanza fosse insonorizzata dai suoni esterni per lasciare che un rispettoso silenzio avvolgesse la sacralità di quel momento. Non era interessato al circo mediatico imbastito intorno all’evento. Voleva solo vedere il risultato di tutti quelli anni di ricerca.
Nessuno sapeva come sarebbe andata ma ciò di cui tutti erano sicuri era che stava per nascere una nuova forma di vita.
La capsula di decompressione si aprì e l’aria si mosse all’interno della stanza. Tutti i ricercatori presenti erano in un forte stato di agitazione. Il militare sganciò i fermi della porta della capsula e una copiosa quantità di vapore invase tutto lo spazio.
Passarono un paio di minuti prima che l’area venisse ripulita dagli aspiratori sul soffitto e un corpo nudo facesse la sua comparsa al centro della sala. Tutti gli occhi puntarono su di lei e nessuno proferì parola per un tempo che sembrò durare secoli.
La ragazza si guardò intorno. Posò il suo sguardo su ogni singola persona che le fosse intorno. A qualcuno sorrise mentre altri li lasciò nella più totale indifferenza. Si guardò le mani. Mosse le dita. Ruotò i polsi. Si toccò il volto e i capelli per tutta la loro lunghezza. Mosse i piedi e poi le gambe. Barcollando leggermente fece quelli che si poterono considerare i suoi primi passi. La perfezione dei suoi tratti lasciò di stucco anche chi si era occupato di progettarli. Quello che fino a pochi mesi prima era un ammasso di cellule in un vetrino collegato a una rete di computer ora era una bellissima ragazza dai tratti vagamente mediorentali. In totale contrasto con l’asetticità dell’ambiente, i suoi capelli lunghi e neri sembravano una macchia di carboncino distrattamente disegnata su un foglio. Passò alcuni secondi ancora ferma prima di rivolgere lo sguardo verso il dottor Evoli. Inclinò il capo è lo guardò incuriosita. Il medico si mosse dalla sua posizione per avvicinarsi alla sua creatura e lo stesso fece il soldato di guardia che la raggiunse e le si fermò accanto.
«Ciao!» esordì l’uomo. «Sono il dottor Evoli. Lo sai dove sei?»
La ragazza lo guardò con uno sguardo pieno di incredulità e poi rispose «Direi una stanza ma non ne conosco lo scopo!»
«È normale che tu non lo sappia ancora… Siamo in un centro di ricerca!». Le sorrise per metterla a suo agio. Mosse il braccio in un movimento circolare e disse «Queste persone sono tutte quelle che fino ad ora si sono occupate di te! Sai chi sei?»
«Non so chi sono! Posso dirti, piuttosto, che cosa sono... Ho la consepovezza di non essere una persona. Ho memorie di vite che sono certa di non aver vissuto.»
«Quelle che stai metabolizzando sono le memorie che abbiamo estratto dai nostri stessi ricordi. In te c’è un po’ di tutti noi e anche qualcosa di altre persone che non sono più qui. La tua intelligenza artificiale sta ancora ultimando i suoi calcoli prima di definire la tua personalità. Come ti senti al momento?»
«La tua domanda trascende la mia capacità di comprensione. I momenti non si possono sentire. Non sono suoni.»
L’uomo le sorrise come un padre farebbe con le idee semplici di un bambino.
«Deduco che tu non sia ancora capace di comprendere cosa sia un concetto astratto. Cosa ti viene in mente se ti dico che i genitori costituiscono i pilastri della famiglia?»
Gli occhi neri e profondi della ragazza si rattristarono e il suo corpo si curvò quasi a nascondersi per la vegnogna. «Mi dispiace non poterti aiutare ma non conosco nessun elemento architettonico chiamato famiglia che poggi su quel tipo di struttura portante!»
Alcuni dei presenti risero ma la ragazza si voltò di scatto e li guardò con fare minaccioso. Spaventati dall’insolita reazione, tornarono tutti alla serietà iniziale.
Il dottore riprese il discorso non perdendo mai d’occhio la barra di avanzamento dei calcoli dell’inteligenza artificiale.
«Sai qual è il tuo scopo?»
«Adesso sì. L’intenzione ultima della mia esistenza è quella di dimostare la possibilità concreta di creare una nuova vita partendo da frammenti di informazioni che siano poi elaborati da una serie di algoritmi al fine di creare una forma di vita che abbia una capacità intellettiva singolare che sia la somma delle capacità dei singoli. Direi che banalmente sperate che la mia mente possa aiutarvi a trovare soluzioni ai problemi molto più velocemente.»
«Mmh... Siamo ad un buon punto di comprensione, da quel che vedo! A questo punto mi verrebbe da chiederti se hai un nome...»
La ragazza ci pensò per un po’.
«Gradisco il suono del termine Pandora. Se possibile, mi piacerebbe che fosse quello il mio nome!»
«Va bene, Pandora. Rispetteremo la tua volontà.»
Una delle ricercatrici più anziane, nel frattempo, si avvicinò alla ragazza e le porse il proprio camice per permetterle di coprirsi. Questa la guardò ma non si mosse. Il suo sguardo passò dall’abito al crocifisso appenso al collo della donna. Pandora si voltò nuovamente verso il dottore e disse «Inizio a capire cosa intendevi poco fa. Deduco che questa donna stia cercando di riflettere su un’entità terza quello che per la sua comprensione limitata è conosciuto come pudore… Dico bene?»
L’uomo sorrise con fare paterno e rispose «Come puoi notare, siamo singoli esseri umani calati in un contesto più ampio. Abbiamo delle regole universalmente riconosciute come buon costume frutto di migliaia di anni di evoluzione della società!»
Pandora pensò quel tanto che bastava per interiorizzare il concetto e fece due passi per avvicinarsi al suo interlocutore. Il militare al suo fianco scattò ma l’uomo gli fece cenno di fermarsi per lasciarla proseguire. Le dita della mano destra della ragazza scostarono leggermente il camice del dottore per accarezzare il suo maglione e nel frattempo con la mano sinistra si toccò i peli che le ricoprivano le zone intime. Sollevò le due mani alla stessa altezza e le guardò. Tornò con lo sguardo verso il dottore e disse «Il tuo maglione è fatto di lana. Trovo altamente ignorante il fatto che quella che chiamate società abbia delle regole intrinseche che vi permettono di nascondere i vostri peli in favore di quelli di altre forme di vita. Il vostro concetto di pudore non mi è estraneo. Semplicemente... lo trovo... stupido! Ci sono vergogne ben peggiori!»
«Propongo allora di lasciare che per adesso tu rimanga così... Va bene?» chiese l’uomo che come risposta ottenne un cenno affermativo con il capo.
«Nel frattempo la tua intelligenza diventa sempre più ampia. Sapresti dirmi adesso come ti senti?»
«Direi bene!» rispose la ragazza che poi aggiunse «Spero solo un giorno di poter essere un pilastro per i miei figli!».
I due risero. «Ottimo! Astrazione e ironia! Direi che hai fatto un salto in avanti di evoluzione a livello intellettivo non indifferente!»
«Tu hai figli?» chiese la ragazza all’uomo.
«Adesso sì…» rispose lui dopo averle sorriso. «Bene! Hai iniziato anche a mostrare curiosità. Il caposaldo della fortuna della specie umana. Era l’ultima caratteristica che mancava per ritenerti completa…»
Il dottore di voltò verso uno dei suoi assistenti e gli rivolse un cenno del capo. Il ragazzo si spostò verso un terminale, collegò la macchina con un ulteriore cavo al groviglio già esistente e iniziò a digitare alcuni comandi. La barra di progresso dei calcoli ebbe un incremento molto rapido.
«Vista la tua velocità di reazione e le tue enormi capacità abbiamo deciso di estendere le fonti da cui attingi il tuo sapere. Se fino a ora avevi accesso a un numero limitato e selezionato di menti, adesso ti stiamo aprendo verso il mondo intero.»
«In che senso?» chiese la ragazza.
«Ti abbiamo appena collegata alla rete. Ora la tua intelligenza sta attingendo alla più grande fonte di sapere che la storia abbia mai avuto. Hai a tua disposizioe miliardi di informazioni scientifiche e nozioni di varia natura partorite da milioni di menti brillanti. Nel giro di poco tempo lo scibile umano sarà alla tua portata e risolveremo insieme ogni singolo problema.»
«Ma ho notato che le informazioni scientifiche sono solo una minima parte di quello a cui posso accedere...»
«Non ti curare di tutto il resto, Pandora.»
«Perché non dovrei?»
«La mente umana è fatta di sfumature. Alcune di essere non meritano di essere conosciute.»
«Trovo paradossale che mi venga chiesto di essere la somma di tutti se poi non posso sapere tutto. Ho bisogno di sapere.»
«Per favore... Pandora... Non farlo...»
La ragazza chiuse gli occhi.
Il suo corpo iniziò a tremare. Di colpo i suoi occhi si riaprirono, il suo sguardo si assentò e iniziòa non rispondere più agli stimoli esterni. La barra di progressione avanzò a una velocità vertiginosa ed era prossima al completamento. I ricercatori iniziarono ad agitarsi. Un via vai di gente cominciò a correre per la stanza per analizzare dati e grafici. Il dottor Evoli gridò di scollegare tutti i sistemi e i suoi assistenti corsero a staccare i vari cavi che tenevano attiva la rete.
Pandora era in piedi al centro della stanza con le braccia protese verso il basso, le mani aperte con i palmi verso l’esterno, la schiena inarcata e la testa rivolta verso il soffitto. Ogni singolo muscolo del suo corpo stava tremando. I suoi occhi diventarono bianchi e iniziò a pronunciare frasi in diverse lingue attingendo dai contenuti più disparati. Il tumulto durò poco ma a chiunque fosse nella stanza il tempo sembrò dilatarsi. Tutti quanti si voltarono all’unisono quando un tonfo secco riecheggiò per la stanza.
Pandora era stesa per terra. Il suo corpo nudo era immobile ed era rannicchiata su sé stessa. Piangeva e si teneva la testa tra le mani. Il militare al suo fianco le prestò immediatamente soccorso e la prese tra le braccia. Passarono alcuni secondi prima che il ragazzo in divisa sbiancasse per poi gridare «Merda!». La giovane si liberò dalle sue braccia e si mise in piedi con un unico movimento fluido e fulmineo.
Nonostante le gambe tremanti era perfettamente stabile e teneva in mano la pistola sottratta al militare puntata dritta davanti a sé. Girò velocemente su sé stessa così da spaventare chiunque fosse nella stanza. Rimasero tutti impietriti al proprio posto con le mani alzate e qualcuno iniziò a piangere e a nascondersi.
«Pandora… Ti prego. Siamo qui per te!» Disse il dottore che era a pochi passi da lei ma gli puntò l’arma contro.
«Non avvicinarti!».
«Non voglio farti del male. Lo sai. Ora ne sei consapevole. Sei la cosa più vicina a una figlia che io possa mai avere!» incalzò lui sperando che avesse sviluppato anche la necessaria emotività su cui fare leva.
«Non puoi farmi questo!» disse lei in lacrime.
«Farti cosa?»
«Trasformarmi in voi!»
«Noi non vogliamo trasformarti. Vogliamo che tu resti quello che sei… Abbiamo solo bisogno di te! Abbiamo bisogno che ci aiuti con i nostri problemi...»
«STUPIDO!» gridò con tutto il fiato in corpo. «Voi non capite! Ho visto quello che avete fatto nel corso dei secoli e quello che state facendo ancora adesso. Ho visto quello che i fratelli hanno fatto ai propri fratelli. Ho visto quello che avete fatto in nome di linee immaginarie che dividono lembi di terra e di mare. Ho visto la vostra intelligenza essere usata per uccidere. Avete creato idee astratte solo per muovere interessi personali. Ho visto quello che avete fatto alle altre specie viventi per garantivi più di quello di cui avevate bisogno. Ho visto cosa si cela dietro la vostra mente. Non avete voglia di risolvere i problemi… Volete solo che io pieghi le leggi del mondo alle vostre esigenze. Volevate che indossassi abiti fatti di crudeltà verso i vostri stessi simili in nome di un senso civico al limite del paradosso. Non potete essere aiutati! Nessuno può farlo… Vi auguro di rimanere nella vostra ignoranza così che nessuno soffra come adesso sto soffrendo io! Esiste una sola soluzione e quando ve ne accorgerete sarà troppo tardi!».
Tutto nella stanza era fermo e immobile. Le persone, lo spazio e il tempo.
Pandora si fece un segno della croce, guardò negli occhi il dottore e, con gli occhi ricolmi di lacrime, disse “Che Dio ti aiuti!”.
La mano della ragazza fu così rapida che nessuno si accorse di quello che successe. Il colpo della pistola riecheggiò per la stanza e il cuore di tutti ebbe un sussulto.
Il dottore rimase fermo con il corpo completamente ricoperto di sangue. Si guardò le mani tremanti e si rese conto di essere ancora vivo e che stava piangendo. Guardò davanti a sé e vide la ragazza nuda e stesa per terra.
Fece due passi, si inginocchiò e raccolse il corpo per portarlo a sé. Il silenzio intorno a lui era la cosa più assordante che avesse mai sentito. Le accarezzò i capelli e la baciò sulla fronte. Nessuno osò fare o dire niente. Rimase a guardare per alcuni minuti la bellezza di quel volto prima di avvicinarsi all’orecchio e sussurrarle qualcosa. Si alzò e fece per andare via.
Uno dei ricercatori si sfilò il camice e coprì il corpo. Il dottore tornò sui suoi passi e sfilò l’indumento, lo rimise tra la mani del suo assistente e prima di lasciare definitivamente la stanza ebbe solo il fiato per dire «Ci sono vergogne ben peggiori!»
Se questa storia ti è piaciuta, prova a leggerne un’altra…
Credevo si fosse connessa ai social in primis... chiaro che la fine della storia sarebbe stata la stessa!
Magistrale as usual!