Penna&Calamaro - N° 0007 - 29-06-2022
Della serie: Una storia
Questa storia nasce da un mix di idee concepite partendo da una canzone. Willie Peyote, nella canzone Quando nessuno ti vede, si pone la domanda che fa da apripista a questo racconto. Lo stesso quesito lo usa il protagonista per aprire il suo discorso così come l’ho usato io per immaginare tutto quello che succede.
Quello che ho scritto l’ho più volte immaginato quando, in libreria, mi sono ritrovato nel reparto dei libri incentrati sulla crescita personale. È una storia che è nata in modo facile ma che, paradossalmente, non è stato altrettanto semplice scrivere. Volevo trasmettere alcune emozioni in modo mirato e spero di esserci riuscito.
Non aggiungo altro e vi lascio alla lettura.
Piccola nota: in questa storia ho sperimentato l’uso di immagini generate da un’intelligenza artificiale per arricchire il testo. Non trovando persone disposte ad aiutarmi con i disegni, ho dovuto metterci dell’inventiva :)
«Chi siete davvero quando nessuno vi vede?» chiese Lucas con tono di sfida al pubblico nascosto dal buio della sala. Più di 400 persone erano lì appositamente per lui.
Ognuna di quelle menti era un recettore; un’antenna alimentata da una fame di apprendimento che era tutto tranne che saziabile. Sapeva che nessuno avrebbe risposto alla sua domanda ma lasciò comunque che quel momento di silenzio prendesse possesso dell’ambiente. Ne approfittò per passarsi il microfono da una mano all’altra e arrotolarsi le maniche della camicia. Fece un lieve sorriso di circostanza e poi continuò a parlare: «Vedete? Non lo sapete. È questo il punto. Come potete pensare di diventare qualcuno se non sapete da dove partite? Come pretendete di sapervi presentare se non sapete neanche chi siete quando siete da soli?». Fece seguire ancora un po’ di silenzio. Nonostante nessuno fiatasse, l’uomo si spostava spasmodicamente da una parte all’altra del palco facendo impazzire i tecnici delle luci che dovevano seguirlo con l’occhio di bue. «Credete che io abbia creato il nuovo Lucas senza prima distruggere quello vecchio?». Sospese nuovamente la frase fingendo di pensare a qualcosa.
Riprese di colpo: «No, cazzo!».
Qualcuno nel pubblico di spaventò.
«Ero un fallito come molte delle persone che conoscete, come molti dei vostri parenti o come tutti i vostri vicini di casa e ho deciso di prendere in mano la mia vita per essere migliore di chiunque altro. Mi schifavo ogni mattina davanti allo specchio ed ero sempre pronto a mettere fine a tutto. Cosa mi sarebbe servito per farlo? Un mix di farmaci? Un proiettile? Una corda? Non avevo soldi per permettermi nulla di tutto ciò!». Il suo tono di voce diventava sempre più alto man mano che le frasi andavano avanti. L’eco delle sue parole riempiva il palco tanto quanto la sua presenza scenica. Il look total black del completo pantaloni e camicia di Dolce&Gabbana lo snellivano più di quanto già non lo fosse e le suole delle sue Louboutin erano l’unica punta di colore in quell’ambiente così buio. «Guardate!» disse mentre si voltava verso il telo appeso al muro alle sue spalle, «Questa era la mia vita miserabile prima che reinventassi me stesso!». Mentre parlava e gesticolava, delle immagini vecchie e sgranate venivano proiettate e fatte scorrere per seguire il suo discorso. «Una Nissan blu di seconda mano del 1984. Era la macchina di mio nonno. Mi vergognavo a farci salire le ragazze. Un appartamento in un condominio di periferia è stata la mia casa per tanto tempo. Troppo. Volavo con le compagnie aeree low cost per permettermi una merdosa vacanza all’anno in posti che mi facevano pure schifo!». Si voltò verso il pubblico e attese per un po’. Lasciò che la brama di arrivismo delle persone provocasse una lieve acquolina nel suo pubblico. Rise allontanando il microfono dalla faccia e lasciò che la profondità della sua voce compensasse la distanza dello strumento. Le immagini alle sue spalle cambiarono nella forma e nella qualità e lui continuò a parlare: «Una delle mie auto che possiedo al momento l’ho comprata direttamente dal set dell’ultimo film di James Bond. Sapete no? Collezionismo! Qui invece potete vedere casa mia. O meglio, una parte di casa mia. Il resto del ranch si estende per ettari più a Nord. Qui sono a Dubai con mia moglie. O, come amo definirla io, la mia regina. Ci torniamo ogni 6 settimane perché lì ci sono i suoi negozi preferiti!».
Un boato partì dal pubblico. Ottocento mani iniziarono a battere all’unisono e grida di approvazione partirono da ogni angolo del buio che lo circondava. Lucas chiuse gli occhi e si lasciò inondare dall’onda d’urto di quei suoni che erano come musica per le sue orecchie. Si strinse il microfono al petto e si riempì la memoria di sensazioni. Attese diversi minuti prima che tornasse il silenzio. Riprese il centro del parco e chiuse il suo discorso: «Sono qui per dirvi che potete essere tutto quello che volete se lo volete davvero. Lo ripeto ogni giorni ai miei follower. Ho deciso che la mia fortuna doveva essere la fortuna di chiunque. Nel mio libro ho spiegato come fare per credere sempre in sé stessi. Non sono cose che vi spiegano ogni giorno e, fossi in voi, ne approfitterei ora più che mai. In un mondo che va a rotoli potete permettervi una vita migliore di quella che state vivendo!».
Seguirono ancora molti applausi alla fine dei quali le luci in sala furono completamente accese. L’uomo estrasse il cellulare dalla sua tasca e, dall’alto del palco, scattò un selfie che postò sui suoi social per alimentare la voglia di intrattenimento dei suoi milioni di followers.
Ad attendere Lucas fuori dallo stabile c’era un taxi circondato da tantissime persone. Ognuno voleva parlare con lui, stringergli la mano, parlare di quanto fosse fantastico il suo stile di vita. Con non poche difficoltà, l’uomo si mosse tra la gente e arrivò al mezzo. Una volta nella cabina salutò tutti dal finestrino e intimò al conducente di correre via. Nel tragitto verso casa, si tolse gli abiti stendendosi sul sedile posteriore e stando attento a non rovinarli. Avrebbe dovuto riportare gli indumenti al servizio di affitto puliti e in perfetti condizioni altrimenti avrebbe dovuto pagarli per intero. Ripose le scarpe in una busta stando attento a pulirne le suole e indossò un paio di jeans, una t-shirt con il logo della Nasa stampato sul petto, un cappellino con la visiera e un paio di occhiali da sole. Arrivato a destinazione ringraziò l’autista e lo pagò con alcune banconote che erano buttate alla rinfusa in tasca. La sua Nissan era ancora parcheggiata dove l’aveva lasciata con la gomma forata. Questo lo rincuorò.
Davanti ai suoi occhi si stagliava uno degli edifici più brutti di tutto il quartiere. Le case nate nel pieno boom del periodo industriale erano stati degli enormi dormitoi per le famiglie degli operai e l’architettura artistica era l’ultima delle loro esigenze. Ereditare quell’appartamento alla morte di suo padre era già stata una grande fortuna. Non avrebbe mai potuto avere accesso a un mutuo.
Quando rientrò in casa la trovò vuota. Prese una confezione di popcorn e la buttò nel microonde. Stette lì 30 secondi ad ascoltare lo scoppiettio dei chicchi. Si sedette sul divano e guardò un po’ di TV.
Dopo pochi minuti la moglie rientrò in casa. Si chiuse la porta con diverse mandate alle spalle e percorse il corridoio fino ad arrivare nella sala dove c’era il marito. Si guardarono con aria schifata come ormai erano soliti fare da anni. «Non puoi trovare un lavoro invece di guardare queste stronzate?» disse la donna distogliendo lo sguardo ancor prima di aver finito la frase. «Tu non puoi succhiarmi il cazzo invece di costringermi a pagare qualcun’altra per farlo?» rispose lui tra un boccone e un altro. Non era un vero e proprio dialogo perché nessuno dei due badò davvero alla risposta dell’altro. Lei prese il cellulare e aprì Instagram. Girò il telefono verso il marito e disse «Ho scritto a questo hotel per vedere se ci fanno dormire gratis in cambio di visibilità». «Hai scritto con il mio profilo?» chiese lui.
«Sì» rispose l’altra seccata.
«E allora ci risponderanno a breve!».
Le unghie finte della donna facevano rumore ogni volta che toccavano lo schermo per far scorrere le immagini.
«I soldi dei libri dove cazzo stanno?» chiese abbastanza stizzita.
«C’ho affittato il vestito e le scarpe»
«Hai fatto la spesa per cenare mentre tornavi, almeno?»
«Ho preso due cose dal buffet dell’evento. Fattele andare bene!» rispose indicando una busta poggiata sul tavolo.
«Un giorno capiranno che usi sempre la stessa foto di Dubai. Cazzo, avevo 10 anni di meno!»
«Se fossero così intelligenti non baderebbero alle cagate che dico... Sono troppo concentrati a capire come fare a credere in sé stessi!»
Se la storia ti è piaciuta, prova a leggerne un’altra…