Dimmi quello che voglio sentirmi dire!
Cosa accade se il tuo lavoro è tutto ciò che ti rimane?
Penna&Calamaro - N° 0011
Della serie: Una storia
Il buio della stanza era rotto soltanto dal fascio di luce della lampada da tavolo. La porta si aprì e l’ispettore Paul Giacarta entrò con passo lento tenendo in mano il suo bicchiere carico di caffè. Ne bevve un lungo sorso e si avvicinò al tavolo sistemato al centro della camera.
L’uomo, non particolarmente anziano, portava su di sé i segni degli anni trascorsi nel corpo di polizia. I capelli spettinati e il pizzetto incolto lasciavano intuire che non stava attraversando un bellissimo periodo e il tono della sua voce tendeva a essere particolarmente infastidito ogni volta che proferiva parola.
«Avanti stronzetto! Parla un po’ col tuo papino e dimmi quello che voglio sentirmi dire!»
A queste parole, il ragazzo seduto e ammanettato trasalì visibilmente. Paul capì di aver detto qualcosa che lo aveva colpito nel profondo in modo particolare. Così, incalzandolo, continuò a intimidirlo alzando ancora di più il tono della voce.
«Dove eri Lunedì sera? Scommetto che ora mi dirai che eri a casa a giocare a uno di quei dannatissimi videogiochi!»
«Ti ho già detto che non ne so niente di questa storia!» rispose il ragazzo. Sembrava particolarmente calmo e questo infastidiva ancora di più l’ispettore.
Giacarta si mosse dall’altra parte del tavolo e portò con sé un mucchietto di fogli tenuti tra le mani in maniera disordinata. Andò a sistemarsi proprio davanti al ragazzo, tra il tavolo e la sedia, e con fare scenico iniziò a sfogliare quei documenti e gridare quello che leggeva buttandoseli alle spalle.
«Rapina a mano armata! Oltraggio a pubblico ufficiale! Fuga con refurtiva! Non sarei così incosciente da dirmi cazzate, ragazzo! Sappiamo entrambi che mi stai mentendo e inizio a perdere la pazienza!».
L’altro era muto e impassibile e guardava l’ispettore con occhi tranquilli. Paul sentiva che non aveva a che fare con uno di quei delinquenti a cui era abituato e così decise di cambiare tattica. Fece un grande respiro, si sistemò la camicia e inizio a rivolgersi a lui con tono più tranquillo.
«Ok Andrew! Capisco! Deve essere sicuramente colpa mia se abbiamo iniziato con il piede sbagliato. Mi sembri un bravo ragazzo e potresti essere mio figlio. Infatti ho un figlio della tua età e soffro molto nel vederti qui. Cosa ne dici se ci veniamo incontro?»
Il ragazzo piegò la testa verso il basso e, nonostante il buio, Paul riconobbe la traccia di una lacrima sul suo volto. Sentiva che era vicino e che a breve avrebbe ceduto. L’uomo capì che doveva essere più furbo e continuare su quella strada.
«Perché lo hai fatto, Andrew? Droga? Solitamente qui arrivano tutti per quello. Belle macchine? No, non credo! Altrimenti ne avresti rubata direttamente una. O lo hai fatto per…» l’ispettore si interruppe. Le parole parevano sfuggirli dalla testa. Attribuì il tutto alla stanchezza di quei giorni e non ci diede peso. «Non importa! Dimmi tu perché lo hai fatto! Chiudiamo questa storia e andiamo a casa tranquilli. Ce la vedremo con il tuo avvocato!»
Paul attese quel tanto che bastava per non sovraccaricare il suo sistema nervoso. La mancata collaborazione del ragazzo lo irritava pesantemente e così la parte del poliziotto calmo durò pochissimo. In uno scatto d’ira Paul si spinse con il volto il più vicino possibile a quello del ragazzo e iniziò a gridargli a pochi centimetri dalla faccia.
«Potevamo finirla subito! Cazzo! Poteva essere una passeggiata ma non vuoi collaborare. Io non dimentico mai nulla. Ricordatelo! Ho dedicato una vita a questo lavoro e non sarai tu a essere una macchia nera sul mio curriculum!». Paul perse il controllo del suo corpo. Sentiva che lo spazio intorno a lui non gli apparteneva e, con un brusco movimento del braccio, colpì il bicchiere del caffè che fece un volo per tutta la lunghezza della stanza. Il liquido nero si versò sul pavimento e il suo profumo si diffuse nell’aria.
«Guarda cosa mi hai fatto fare!» gridò l’ispettore irritato. «Ora devo andare a farmi l’altro caffè e dovremo ricominciare tutto da capo!»
Senza neanche attendere una possibile risposta, Paul lasciò la stanza sbattendosi la porta alle spalle.
Passarono alcuni minuti prima che la porta si aprisse di nuovo. Una donna entrò nella stanza, si guardò intorno, vide il caffè ormai sparso ovunque e sospirò. Accese la luce e si guardò di nuovo intorno. Dopo aver incontrato lo sguardo del ragazzo, lo raggiunse. Andò alle sue spalle, si piegò e slegò il nodo del foulard che gli teneva i polsi fermi alla sedia. La luce accesa rivelò tutto l’arredamento circostante. Un salotto in stile moderno, dai tratti lucidi e spigolosi, faceva da cornice al tavolo centrale. Il ragazzo si massaggiò i polsi liberi e si voltò per poter guardare in faccia la donna.
«Chi eri questa volta?» chiese lei in tono materno.
«Ero Andrew… Da quello che ho capito ho fatto un qualche tipo di rapina. È la prima volta.» rispose il ragazzo.
«Guarda il lato positivo Matthias… Solitamente sei un drogato o uno stupratore!» disse lei sorridendo.
«Sì, mamma, hai ragione ma inizia a essere difficile!»
«Lo so. Dobbiamo solo avere un po’ di pazienza. Il dottore ha detto che i casi di perdita di memoria sono spesso accompagnati dalla sostituzione con ricordi più vecchi. Tanti anni in polizia significano un bel po’ di ricordi per tuo padre…»
«Ne usciremo mai?»
«Non lo so… Davvero... Per adesso è uno dei pochi modi che abbiamo per passare del tempo con lui… Se vuoi questa volta ti sostituisco io!»
«No, tranquilla. Sta per tornare. Mi sistemo di nuovo. Sono curioso di sapere chi sarò questa volta!»
La donna raccolse i fogli sparsi per terra e li sistemò sul tavolo. Una serie di fogli completamente bianchi occupavano adesso quasi tutta la superficie. Il caffè versato sul pavimento venne raccolto con uno straccio, alla meglio. I due si scambiarono un ultimo sguardo e si sorrisero. «Vi voglio bene!» disse la donna prima di spegnere la luce e uscire dalla stanza.
Il buio della stanza era nuovamente rotto soltanto dal fascio di luce della lampada da tavolo. La porta si aprì e l’ispettore Paul Giacarta entrò con passo lento tenendo in mano un altro bicchiere carico di caffè. Si avvicinò al ragazzo seduto davanti a lui e, con tono infastidito gli disse «Avanti stronzetto! Parla un po’ col tuo papino e dimmi quello che voglio sentirmi dire!»
Se questa storia ti è piaciuta, prova a leggerne un’altra…
ti odio... sta storia mi tocca da vicino <3