Penna&Calamaro - N° 0009 - 02-08-2022
Della serie: Una storia - Distopia
Questo è il classico esempio di una storia in cui la forma “seria“ si sconta con l’idea “demenziale”. È qualcosa che era in incubazione nella mia testa da molto tempo e oggi, in un modo o nell’altro, ho pensato che fosse il momento giusto per farle vedere la luce. La base di questo racconto nasce da un momento di noia durante un pranzo. Il tutto è iniziato con il classico incipit: Ma se…
Ricordo che è possibile seguire Penna&Calamaro anche su Instagram. Non prometto tette ma storie altrettanto sensuali!
Il pesante ingresso di piombo si mosse in maniera agevole nonostante il suo peso mastodontico e il rumore riecheggiò sinistro all’interno di tutti i corridoi del bunker di sopravvivenza. Una figura alta e possente attraversò lo spiraglio che si era aperto e si richiuse velocemente la porta alle spalle. Stette alcuni secondi fermo e si guardò con attenzione intorno. I suoi movimenti erano rigidi e quasi robotici per via della tuta isolante che aveva addosso e che non gli permetteva di muoversi con la libertà di cui avrebbe avuto bisogno. Con tutta la scomodità data dai grossi guanti che stava indossando, l’uomo si aprì i lacci e la cerniera che lo tenevano al sicuro, si sfilò l’involucro di plastiche miste in cui era rimasto nelle ultime tre ore e appese il tutto all’interno dell’armadio di contenimento. Aspettò che la porta del contenitore si fosse chiusa e che il processo di eliminazione dell’acqua di condensa creata dal suo corpo e dal suo respiro fosse partito prima di allontanarsi per controllare lo schermo dell’impianto generale di deumidificazione. Come si aspettava, il display mostrava la scritta “21-12-3012 || 10:46 || Umidità: 5%” disegnata con dei caratteri verdi formati da trattini orizzontali e verticali su sfondo nero.
Passare dalla tuta all’aria del bunker era sempre un trauma per il suo corpo e la sua età non lo aiutava di certo in quelli sbalzi ambientali improvvisi. La lunga barba bianca diventò in pochissimi minuti secca e ispida e la coda dei suoi capelli era ormai molto arruffata.
Si mosse nella stanza adiacente e ogni passo dato con i grossi scarponi ancora ai piedi lo faceva sentite come un elefante in una biblioteca. Estrasse dalla tasca dei pantaloni un vecchio fazzoletto di cotone molto logoro e ci tossì dentro. Attese e tossì di nuovo. Accartocciò come meglio poteva il pezzo di stoffa e lo buttò senza interesse sul tavolo accanto a lui. Più tardi lo avrebbe igienizzato a secco insieme al resto degli indumenti. Si grattò la mano e una risata nacque spontanea sul suo volto. Il tatuaggio sull’avambraccio gli ricordava sempre il suo passato da bagnino e c’era della velata ironia nel fatto che proprio adesso che l’acqua era uno dei peggiori nemici dell’umanità, lui fosse tra i pochi sopravvissuti. Ripensò a quando la vita era così naturale da sembrare troppo semplice. Ricordò di tutte le volte in cui era andato a farsi le lunghe nuotate dove la spiaggia si perdeva all’orizzonte e rimpianse anche il più semplice dei cocktail che aveva bevuto in passato. «Mi berrei anche il piscio di topo con il limone pur di fingere che sia un apertivo!» pensò.
Il suono di piccoli piedi che sbattevano sul pavimento asettico lo riportarono alla realtà e non mancò molto prima che suo nipote gli fosse addosso. Il ragazzino strinse forte l’uomo e quell’abbraccio era la cosa più vicina alla felicità che gli fosse rimasta.
«Sai che giorno è oggi?» squittì il bambino dopo essersi staccato. Nei suoi occhi c’era la speranza di chi sapeva che anche la più piccola cosa avrebbe rotto la monotonia dei giorni tutti uguali passati lì dentro.
«Mmh. Vediamo. Il giorno dei fagioli secchi?» rispose l’adulto.
«Nonno Alan! Non fare così… Lo sai benissimo».
«Oggi è il compleanno di un ragazzino molto dispettoso, da quello che mi dicono, e quel ragazzino mi sembra che si chiami Timothy».
Un sorriso enorme prese spazio su metà della faccia del piccolo.
«Sì! E lo sai benissimo cosa mi avevi promesso!»
Il volto dell’uomo si incupì. Aveva cercato per anni di rimandare quel momento ma adesso non se la sentiva di rovinare quello che poteva essere uno dei pochi giorni di felicità di suo nipote.
«Conosco benissimo i nostri patti. Come diciamo sempre noi?»
«Possa cadere in una vasca d’acqua se manco la promessa!» disse il piccolo scimmiottando il fare di un soldato sull’attenti.
«Bene bene bene… Prima di tutto, però, guarda qui cosa ti ho portato.»
La mano dell’uomo cercò qualcosa nella tracolla appesa lungo il suo fianco e ne tirò fuori un involucro di plastica trasparente. Al suo interno, una serie di cracker ne occupava tutto lo spazio disponibile.
«Wow!» disse Tim fiondandosi sulla busta. «Grazie nonno. Sono i miei preferiti!»
Un sorriso amaro fu tutto ciò che Alan poté usare come risposta. Sapeva benissimo che quel bambino non aveva idea di cosa fosse il mondo prima di tutta quella merda e non sapeva che si era perso così tante cose buone che non avrebbe saputo mai neanche come spiegarglielo.
Lasciandosi dietro una scia di briciole, il ragazzino corse vicino alla stufa elettrica a ventilazione forzata, si sedette sulla poltrona e, battendo una mano su quella accanto, invitò suo nonno a fare lo stesso. L’uomo sospirò e capì che quel giorno tanto rimandato purtroppo era arrivato.
«Mi avevi promesso che quando fossi stato abbastanza grande mi avresti raccontato che cosa è il Re Giallo!» esclamò con un entusiasmo mai visto prima. «Ora sono grande!» continuò, battendosi un pugno sul petto. Alan fece un enorme sospiro, svuotò i polmoni e, a malincuore, iniziò a raccontare la storia.
«Sono passati più di 15 anni ormai da quando il mondo è andato in rovina. La vita prima non si svolgeva come ora, chiusi nei bunker. Non dovevi rischiare la vita per uscire a cercare provviste, non dovevi scontrarti con altre persone per sopravvivere e non dovevi stare lontano il più possibile dall’acqua. L’acqua era il bene primario di tutta la nostra vita. La gente ci si immergeva per divertimento, la usava per farsi la doccia e, addirittura, i bambini come te la usavano per riempire dei piccoli sacchetti di gomma da lanciarsi addosso per farli scoppiare e bagnarsi. Le persone erano amiche tra di loro ed era usanza condividere molte cose. Compresi il cibo e il tempo.
Quando tutto ebbe inizio io ero in vacanza al mare con tua madre e tuo padre. Nessuno si rese conto di quello che stava succedendo perché ogni cosa avvenne lontano dai nostri occhi e nessuno poteva neanche immaginare l’apocalisse verso cui stavamo andando.
L’origine di tutto fu la cucina di una famiglia di New York. Oggi quel posto ormai è conosciuto come “Il brodo primordiale“ e il nome lo deve proprio a quello che accadde.
A volte pensò a quanto tutto ciò sembri stupido ma se ci troviamo in questa merda è perché qualcuno cucinò del cous cous. Sì, proprio quel cous cous! Quello che ora vive fuori dal bunker e che noi tutti chiamiamo il “Re Giallo”. Tu non lo sai ma all’inizio, prima di diventare… Questa cosa… La cosa… Era un alimento molto usato ed era diffuso in aree molto calde del pianeta.
Purtroppo, però, eravamo una società dedita allo spreco. A differenza di adesso che tutto è razionato, contato e gestito con parsimonia, in passato c’era qualsiasi cosa e ce n’era in abbondanza. Producevamo più di quanto avessimo bisogno. Cucinavamo più di quanto avessimo fame. È stata proprio la nostra ingordigia a portarci a questo. Un piatto non terminato e lasciato incustodito. Del cous cuos di troppo per degli stomaci troppo avidi. Degli avanzi che, paradossalmente, un giorno ci avrebbero mangiati ricambiando un macabro favore.
Una delle caratteristiche del cous cous è che con l’acqua cresce di volume. Questa cosa, anni fa, la usavamo a nostro vantaggio per farci del cibo ma non credevamo che invece sarebbe stata la nostra condanna per sempre. Il contenuto del piatto venne a contatto con l’acqua nelle tubature e iniziò a crescere. Più liquidi incontrava sul suo cammino e più espandeva sé stesso. Iniziò col percorrere i tubi della casa, poi passò a quelli del quartiere. All’inizio ci furono tanti disservizi e molta gente lamentava la mancanza di acqua nelle loro abitazioni. Non passò molto prima di arrivare a occupare completamente la struttura idrica di tutta la città.
La svolta iniziò quando, percorrendo la rete, quella cosa che si stava formando, ebbe accesso all’acqua presente in natura. Impossessatasi dei fiumi ne seguì i corsi fino a sfociare al mare. Non esisteva più nulla dopo il suo passaggio. Il mare fu la sua risorsa più grande, quella primaria e definitiva. Non facendo distinzione tra dolce o salata, il Re Giallo assorbì con velocità spaventosa tutta l‘acqua che riuscì a trovare. Ricordo ancora quella volta al mare quando vidi un enorme montagna nascere dal nulla nel bel mezzo della baia. Ho perso molti amici quel giorno.
La crescente massa dell’entità era diventata così enorme che iniziò a gravare sulla Terra e piano piano ne spostò l’asse intorno alla quale ruotava il pianeta. Le stagioni come le conoscevamo iniziarono a sparire e tutto piombò nel caos più totale. Le forme di vita legate all’acqua sparirono e quelle che sopravvissero non furono capaci di adattarsi al nuovo clima. Le catene alimentari erano irrimediabilmente compromesse. Tantissime specie viventi sparirono per sempre dalla faccia della terra.
Non contento di far propria tutta l’acqua presente sulla superficie, ben presto il Re Giallo capì che anche noi siamo fatti di acqua. Ci venne a cercare in ogni modo possibile. I meno fortunati di noi entrarono in contatto con qualcuno dei suoi granelli e iniziò a espandersi nel loro corpo. Una volta che è dentro di te, tu sei fatto al 70% da lui. Ecco perché è importante per noi tenere sotto controllo l’acqua. Ecco perché dobbiamo vivere in questo modo. Non ti lascia molto scampo e nel giro di pochi minuti di te resta solo un involucro privato di qualsiasi cosa»
Alla fine della frase l’uomo indicò il sacchetto dei cracker ormai vuoto nelle mani del ragazzino per enfatizzare con un esempio pratico il concetto appena espresso. Alan sentì gli occhi del nipote cuciti addosso e si rese conto che, il ricordo di tutto quello che aveva trascorso lo stava facendo piangere. Aveva omesso molti particolari perché si rendeva conto che tutto ciò era troppo per un ragazzino. Non volle raccontargli di che fine avessero fatto i suoi genitori e, fortunatamente, non ricevette neanche domande a riguardo.
«Però nonno, una cosa non ho capito. Come sappiamo tutte le cose che sono successe se non eravamo lì? Come facciamo a sapere quando tutto è iniziato, cosa è il Re Giallo o come è arrivato a noi?»
Il vecchio sorrise amaramente. «Ce le ha dette lui stesso!» rispose secco e continuò «A un certo punto ha sviluppato una sua intelligenza, o forse l’ha sempre avuta, ed è riuscito a entrare in contatto con alcuni uomini. Voleva che tutti sapessimo cosa fosse e da dove fosse arrivato… Qualcuno dice che ne traesse addirittura godimento. Sapeva di essere troppo forte per noi e ha iniziato a sfidarci. Adesso non ci cerca più per crescere ed espandersi. È già ovunque. Adesso ci caccia per puro divertimento!»
Timothy si alzò dal proprio posto e si buttò con forza tra le braccia di suo nonno. Lo strinse molto forte e Alan capì che quell’ometto era molto più grande di quanto non dimostrasse. Lo aveva educato per essere pronto a tutto e forse i suoi insegnamenti stavano dando i suoi frutti.
«Grazie nonno!» disse con voce rotta il ragazzino. «Mi hai protetto e hai rischiato molte volte la vita lì fuori per me. Da grande voglio essere come te!»
L’uomo accarezzò il volto del nipote e percorse la sua guancia con il palmo ruvido e secco della mano.
«Fai un favore al nonno. Vammi a prendere il fazzoletto che ho lasciato su quel tavolo così asciughiamo un po’ queste bruttissime rughe!»
Il bambino si alzò di scatto e corse nella sala accanto.
Passarono pochissimi secondi prima che le urla di Timothy si diffondessero nella stanza. Alan si alzò il più velocemente possibile per accorrere in soccorso. Quando varcò la soglia trovò il ragazzino pietrificato, davanti al tavolo, che gli dava le spalle.
«Che cazzo è successo?» gridò con tutta la preoccupazione che avesse in corpo. Senza dire una parola Timothy alzò il piccolo braccio e indicò il fazzoletto buttato alla rinfusa sul tavolo dal quale erano caduti alcuni piccoli chicchi gialli. L’uomo diventò di colpo pallido e si sentì mancare. Si portò una mano alla bocca e con tutta la forza possibile si sforzò di tossire nel proprio palmo. Altri piccoli granelli gialli ora erano lì nella sua mano dove prima non c’era nulla. Con gli ultimi attimi di lucidità che sapeva che gli restavano, prese il ragazzo, lo portò verso l’armadio con la tuta e gliela fece indossare nonostante fosse molto più grande di lui. Il ragazzino non capiva cosa stesse succedendo finché non si vide spinto verso la pesante porta di ingresso.
«Questo posto è contaminato e non è più sicuro!» disse con la voce rotta l’omone.
«Ma non…» potè dire il ragazzino prima che Alan lo abbracciasse forte e lo interrompesse.
«Hai detto che sei grande e questo è il momento di dimostrarlo. Hai detto che volevi essere come me e invece tu devi essere migliore di me!»
Il ragazzino scoppiò a piangere e finalmente capì. Vedeva il corpo di suo nonno muoversi in modo strano. Diversi rigonfiamenti apparivano e scomparivano in punti casuali del corpo ed erano visibili nonostante gli indumenti.
«Io cercherò di resistere e se dovessi farcela, ti verrò a trovare!» con la forza rimanente Alan spostò la grande porta di piombo per permettere al nipote di uscire. Con la mano libera lo spinse all’esterno.
«Promettimi che sopravviverai!» disse.
La porta si iniziò a chiudere davanti al volto del ragazzino che poté solo rimanere inerme e, tra una lacrima e l’altra, rispondere «Possa cadere in una vasca d’acqua se manco la promessa!»
Se la storia ti è piaciuta, prova a leggerne un’altra…