Penna&Calamaro - N° 0010
Della serie: Una storia - Dark - Fantasia
Un’enorme carrozza nera, riportante sulle fiancate lo stemma papale in un massiccio rilievo dorato, si fermò di colpo all’ombra della Cattedrale del Salvatore. I due stalloni neri che la trainavano impennarono per via del dolore provocato dal morso che il cocchiere tirava con tutta la sua forza. I loro nitriti riempirono l’aria con la loro potenza ma nessuno parve farci caso. La folla di persone che si stendeva poco più avanti era presa completamente dallo spettacolo che stava avendo luogo nella piazza antistante la chiesa e le loro grida riempivano le strade e i vicoli di Saragozza per almeno un chilometro in linea d’aria.
Il giovane reggente della cattedrale corse verso il mezzo e fece il possibile per esserci davanti prima che il suo passeggero ne fosse uscito. La porta laterale si aprì e una folata di vento la fece sbattere contro la parete laterale. Dall’oscurità dell’interno emerse una figura che, favorita dall’altezza data dalle importanti ruote di legno, sembrava la sagoma di un gigante molto longilineo.
«Benvenuto grande inquisitore!» si affrettò a dire il reggente, mentre eseguiva il più nobile dei suoi inchini, per poi proseguire «Mi auguro che il Signore abbia riservato il meglio per il suo viaggio!». Il vecchio passeggero scese con passo calmo i due gradini che lo separavano dal suolo e si guardò intorno con aria schifata prima di rispondere al suo interlocutore. La sua voce profonda e lenta scandì bene le parole, come se chi stesse ascoltando non conoscesse bene la sua lingua: «Il Signore ha cose ben più importanti a cui pensare. Se Iddio fosse preso dalle vicissitudini di ogni singolo granello di sabbia, avremmo onde che accarezzano le spiagge e di certo non le tempeste che ne sconvolgono le forme. L’Onnipotente mi ha riservato il viaggio che ha reputato giusto riservarmi!». Il suo sguardo indugiò sul piccolo uomo che aveva di fronte e questo sentì il peso del giudizio. Un’altra folata di vento portò con sé una fitta coltre di fumo e l’inquisitore si coprì il naso con un lembo del mantello. «Deduco che abbiate già cominciato…» sentenziò con un tono contrariato. «Spero vogliate scusarci!» squittì il reggente gesticolando nervosamente con le mani, «Non è facile tenere a bada una folla inferocita e bramante di vendetta. Abbiamo pensato che fosse meglio placare le loro anime. Il Diavolo può essere ovunque ed è nostro compito non alimentare il suo potere». L’anziano liberò in naso per poi tornare a coprirlo con un fazzoletto di lino. Delicati ricami viola ornavano il candido pezzo di stoffa. Le sue iniziali erano riportate in un complesso disegno di curve e ghirigori.
«Cosa abbiamo oggi?» chiese l’anziano.
«Una donna molto giovane!»
«Oh buon Dio!». Accennò un segno della croce e poi, tenendo stretto con la mano libera il crocifisso appeso al collo, continuò, «Cosa è accaduto?».
«A detta della sua vicina di casa, fornicava costantemente con il Demonio in persona. L’ha sorpresa nei campi con il marito indotto al tradimento da chissà quale pozione o magia!»
«Mmh… Capisco!»
«Pare abbia fatto un patto con il Diavolo stesso per essere desiderata da tutti gli uomini della città. Onesti lavoratori! Che Dio abbia in gloria le loro anime soggiogate in questo modo!»
«Quindi siamo senza ombra di dubbio davanti al caso di una strega meretrice…»
«Uno dei peggiori degli ultimi tempi!»
«Le prostitute…» enfatizzò l’anziano accarezzandosi il volto con l’oggetto tra le mani. Il suo sguardo si perse in un attimo di meditazione prima di tornare a parlare. «Le peripatetiche sono il mezzo più basso e meschino che il Maligno abbia mai usato. La freccia più sporca della sua faretra. Sfruttare così la naturale debolezza mentale e della carne delle donne. Di Maria vergine e madre ne è esistita una sola…» Lasciò che il suo ascoltatore assimilasse le parole. Lentamente riprese: «Un colpo basso perfino per il Diavolo. Mi conduca lì!»
I due uomini si incamminarono e con non poca difficoltà si fecero spazio tra la folla. La regalità degli abiti dell’inquisitore stonava con la semplicità dell’abbigliamento contadino che lo circondava.
Un falò di esigue dimensioni si stava consumando al centro della piazza. La folla intorno buttava fascine secche tra le fiamme per continuare ad alimentarlo e i bambini correvano in lungo e in largo recitando canzoni e filastrocche sulle streghe. Il buio della città era inerme nei confronti della luce emanata dal fuoco.
Legato al palo c’era tutto quello che rimaneva del corpo di una donna. Una silhouette senza vita, il cui acre odore di carne bruciata infastidiva l’inquisitore, ricordava vagamente delle fattezze umane a chiunque avesse avuto abbastanza immaginazione. Molte delle donne della città erano accorse per guardare con soddisfazione la fine della strega e per sputare sul suo corpo non appena le fiamme si fossero estinte. Una di loro, riconosciuto l’ospite, gli si avvicinò e gli baciò l’anello, si inginocchiò al suo cospetto e tra le lacrime gridò «Siate benedetto! Siate tutti benedetti per la purificazione del mondo dalla mano del male!». L’uomo la guardò dall’alto in basso e abbozzò un sorriso di circostanza. Ritrasse la mano e pulì la zona baciata con il proprio fazzoletto che poi riportò sul naso.
Il tempo sembrò sospendersi quella notte. Come un quadro dai tratti gotici, la vita ridipingeva sé stessa immortalando i momenti più disparati. Tutti rimasero lì finché anche l’ultimo dei pezzi di legno non si spense.
Dopo aver sbadigliato, l’inquisitore si voltò verso il reggente che capì che ormai era ora. I due tornarono alla carrozza e, con la stessa calma con cui era sceso, l’anziano risalì i gradini. Il più giovane disse «Grazie per la sua presenza. Questo mondo ha bisogno di angeli e lei è uno di loro! Spero che il ritorno a Villanueva de Sigena sia dei migliori!». Con aria di sufficienza l’altro rispose «Vedo innumerevoli brutture nel mondo. Combattere il male è un lavoro senza sosta. Il Signore ha voluto che io mi ritagliassi il mio angolo di paradiso. Le mie tenute sono l’Eden che ci è sempre stato negato…».
Per qualche secondo la longilinea figura più in alto rimase ferma a guardare il tozzo corpo più in basso. Nessuno proferì parola e, compresa la situazione, con un certo imbarazzo, il reggente ruppe il silenzio. «Che sciocco! Perdoni la mia distrazione… È stata una lunga giornata. Come emesso dai patti papali, questa è la parte dei beni sottratti alla donna che le spetta. Purtroppo la meretrice aveva poco e niente. Abbiamo solo recuperato questa collana con pendolo. È il meglio che avesse tra le sue disponibilità. La moneta rinvenuta nella sua casa, come sempre, sarà consegnata da me personalmente alla zecca dell’Imperatore.». Il giovane porse l’oggetto e l’anziano lo raccolse. Una pietra dal colore rosso splendente emanava una luce affascinante nonostante il buio che li circondava. Per paura di perderla se la infilò al collo ed entrò il più velocemente possibile nel mezzo. Quel posto iniziava a puzzargli di morte e merda di cavallo e la povertà di quella gente lo infastidiva alla vista.
La porta della carrozza si chiuse e due pugni sulla fiancata furono il segnale per il cocchiere che partì con uno scatto. Un viaggio di molte ore lo attendeva e perciò l’anziano si lasciò cullare dal passo costante dei cavalli e si addormentò.
***
Quando la carrozza giunse a destinazione, il sole era alto sulla pianura. Il cocchiere fece rumore così da far intendere al passeggero di essere arrivati e questo, con il suo sguardo, lasciò intendere che le valigie non si sarebbero di certo mosse da sole. Con passo lungo, nonostante l’età, l’inquisitore si recò verso la propria dimora. Un’imponente tenuta regale si stagliava davanti ai suoi occhi e l’enorme porta di ingresso lo accolse con lo stesso affetto con cui un genitore accoglie un figlio.
La lunga tesa di scale sembrò interminabile sopratutto perché un fremito attraversò l’uomo al solo pensiero del regalo che lo attendeva nelle sue stanze. Dopo ogni viaggio per ogni inquisizione amava assaporare il proprio premio e questa volta non avrebbe fatto eccezione. Come sempre da quando era andato a vivere lì, fuori dalla porta c’era il membro dell’esercito ecclesiastico addetto alla sua sicurezza. «È tutto pronto?» chiese l’uomo al soldato. «Come sempre, signore!» rispose l’altro con sguardo d’intesa per poi aggiungere «E se posso permettermi, signore, questa volta credo sia la migliore di tutte!». Le vecchie mani rugose si sfregarono tra di loro come avrebbe fatto una mosca davanti a un lauto pasto. «Bene! Bene!». Un sorriso attraversò il volto dell’anziano. Con tutta la propria forza spinse la doppia porta che lo separava dalla sua stanza e, come atteso, una giovane ragazza dalle abbondanti forme mediterranee lo stava attendendo seduta sul bordo del suo letto a baldacchino.
«Mi sia testimone il Cielo! Quel soldato aveva ragione!» esclamò contento l’uomo. I suoi piccoli occhi, separati da un arcuato naso da rapace, percorsero la figura diverse volte. «Come ti chiami, piccolo angelo?»
«Il mio nome è Dolores!» disse con voce profonda e provocante la ragazza. «Ma voi potete chiamarmi come desiderate…»
Con pochi passi fulminei l’uomo percorse la stanza ed era già accanto a lei. «Dolores andrà benissimo!». Le grandi mani che avevano già vissuto una lunga vita raccolsero in sé le piccole dita che del mondo sapevano ancora poco.
«Nonostante siamo tutte creature dello stesso Creatore, mia cara, devo dire che Egli ha svolto con te il più bello dei suoi capolavori». Lei sorrise mentre lo guardava.
Il piccolo corpo femminile si mosse con sensualità alle spalle dell’anziano che, preso dalla situazione, iniziò a ridere compiaciuto. Le gambe di Dolores ora pendevano accanto a quelle dell’uomo e con le mani, ora libere, iniziò ad accarezzargli la schiena.
«Tutto il creato è spettacolo per i nostri occhi…» disse la ragazza sussurrando all’orecchio. «Ogni cosa, sia essa la più bella quanto la più brutta, ha in sé la particolarità di attrarre la nostra attenzione. Lei non pensa?». L’uomo era entrato in uno stato di trance profondo. Sentiva la sua voce che lo coccolava ma non badava particolarmente al senso delle sue parole. Non ricevendo risposta, la ragazza continuò. «Sa cosa ho pensato quando ha aperto quella porta?». Lasciò appositamente appesa la domanda retorica. «Ho pensato: strano come quell’uomo mi stia guardando. Pare quasi non mi abbia riconosciuto…». Tornato immediatamente in sé, l’inquisitore voltò la testa quel tanto che bastava per guardarla con la coda dell’occhio. «Potrei giurare su me stesso che se ci fossimo già incontrati mi ricorderei benissimo di te!» enfatizzò lui con la più volgare delle sue espressioni stampata in faccia. La ragazza raccolse le gambe e le ripose piegate alle spalle dell’uomo toccandogli la schiena con gli stinchi e le ginocchia.
Lei sorrise genuinamente e lui si abbandonava lentamente al momento.
Le piccole mani finirono sulla collana ancora appesa al collo dell’anziano.
«Prenda questa collana, per esempio. La sua bellezza è oggettiva!»
«Se sarai brava, potrei addirittura regalartela!» disse lui compiaciuto.
«Non posso ricevere in dono qualcosa che è già mio!».
L’uomo sgranò gli occhi e chiese «Cosa intendi dir…».
Non riuscì a finire la frase.
Le gambe della ragazza, spinte contro la sua schiena in uno scatto fulmineo, ora premevano dietro la sue schiena e le sue mani stavano tirando la catenina della collana con tutte le sue forze. L’anziano iniziò a dimenarsi ma non riusciva a trovare uno spazio in cui infilare le dita così da liberarsi. Sentiva il freddo del metallo stringergli il collo e lo sforzo per respirare stava diventando un’impresa impossibile. Mentre si agitava sentiva che la ragazza non aveva smesso di parlare. Questa volta la sua voce si fece più forte e profonda. La delicatezza di poco prima aveva lasciato posto al rancore.
«Non mi hai riconosciuta perché l’ultima volta che mi hai visto ero carbone travestito da cadavere. Ero l’intrattenimento del popolo ignorante. Ero lo spettacolo della notte di Saragozza.». I tentativi di liberarsi dell’uomo si fecero sempre più disperati. Più tentava di divincolarsi e più l’aria veniva meno. Il letto era ora l’arena in cui entrambi lottavano. Uno per la propria vita, l’altra per le proprie idee.
«Chi… sei… ?» chiese l’inquisitore con l’ultimo filo di voce che poté usare.
«Chi sono?». Rise. «Cosa sono! Sono la voce di migliaia di ragazze vittime dei vostri soprusi e delle vostre bugie. Sono l’ultimo desiderio di quelle donne che avete reso schiave. Sono la vendetta di chi non ha avuto la possibilità di ribellarsi. Voi credete di dominare il mondo ma un giorno noi torneremo sotto forma di coscienza. Oggi avete bruciato il mio corpo ma non sapete che avete acceso la scintilla della consapevolezza in molte altre di noi. Percorreremo le strade in cui nessuno ha pianto per la nostra morte difendendo la nostra voglia di libertà… Credete che siamo oggetti ma arriverà il giorno in cui torneremo a essere persone.»
Pian piano il corpo dell’uomo smise di muoversi. I suoi occhi erano completamente bianchi e le sue gambe erano appese fuori dal bordo del letto.
La ragazza lasciò la presa, il suo sguardo si posò sul corpo esanime e, avvicinatasi all’orecchio, sussurrò lentamente «Tu… ora… verrai con me!».
Un forte boato e delle fiamme uscirono dalle porte che tenevano chiusa la stanza da letto dell’inquisitore. Quando la guardia se ne accorse si mosse velocemente verso l’ingresso e iniziò a bussare con forza. Sapeva quanto fosse poco saggio disturbare il suo superiore in certi momenti. Bussò diverse volte prima di capire che nessuno avrebbe mai risposto. Con un calcio sfondò la porta e di colpo le fiamme all’interno della stanza crearono una spirale che avvolse tutta la stanza e poi si ritirarono verso il letto dove sparirono misteriosamente tutte nello stesso punto.
Sulle coperte disfatte giaceva senza vita il corpo dell’inquisitore. Il viso cianotico e le braccia abbandonate.
Stranamente nulla nella stanza pareva essere stato toccato dalle fiamme. Quando la guardia si avvicinò notò soltanto che una collana era stretta intorno al collo del cadavere e che un mucchio di cenere formava una montagnetta nelle sue mani. Un odore molto acre di carne bruciata riempiva la stanza e alcune fascine di legno erano sparpagliate disordinatamente sopra e sotto il letto.
***
Poche settimane dopo l’incidente delle tenute dell’inquisitore, il capo della difesa spagnola e il nuovo inquisitore furono chiamati urgentemente a Saragozza. La loro carrozza si fermò nel bel mezzo della strada dove un gruppo di manifestanti bloccavano la via.
«Cosa diavolo succede qui?» chiese il capo militare al soldato fuori dal mezzo. «Un’insurrezione signore!»
«Di che tipo? Provocata da cosa?»
«Una popolana ha trovato suo marito a letto con un’altra donna e questo ha provato a convincerla che fosse l’effetto della magia di una strega.»
«E cosa c’è di così strano?» intervenne il religioso che nel frattempo si era sporto per guardare.
«Ehm, Signore. Non è la prima volta che all’uomo succede questa cosa. Sapete… Insomma… Le donne iniziano a sospettare…»
Il capo della difesa si lasciò andare sulla poltroncina su cui era seduto. Abbandonò la testa indietro e fece un respirò profondo. Si prese il tempo di pensare e poi disse verso il suo compagno di viaggio «Abbiamo un grosso problema. Credo che stiano acquisendo consapevolezza… Adesso è tempo di avere paura!»
Se questa storia ti è piaciuta, prova a leggerne un’altra…