Penna&Calamaro - N° 0005 - 28-04-2022
Della serie: Una storia - Dark - Weird
Anche questa volta mi sono lasciato prendere la mano ed è nata una storia dalle tinte abbastanza dark. Non è tendente all’horror come quella precedente ma spero che una volta finita vi faccia dire “Ma che cazzo?“ come è accaduto a me mentre la pensavo. Questa storia rientra nel filone di una serie di racconti fotti-mente che ho nel cassetto da tanto/troppo tempo.
Avevo voglia di scriverla perché mi piace troppo spiazzare chi legge.
«Porco mondo ladro!» gridò Brian con tutto il fiato che aveva nei polmoni. L’aria uscita della sua bocca creò una nuvoletta di fumo sospesa e dalle forme frastagliate. Non gli interessava molto che fosse notte e men che meno gli importava di poter svegliare qualcuno con quel tono di voce così alto. Era troppo concentrato a pensare che qualche teppistello stronzetto gli avesse rotto il fanale dell’auto con un colpo ben assestato. Ora aveva una sola luce funzionante, era in tremendo ritardo e la pioggia non dava segni di voler smettere di cadere. Se fosse stata una persona scaramantica avrebbe pensato che la sfortuna lo stesse prendendo di mira.
«‘Sti cazzi» si disse tra sé e sé e, dopo aver chiuso l’ombrello, si infilò velocemente in macchina. La gomma delle suole degli stivaletti bagnati gracchiò quando posò i piedi sui pedali. Guardò di sfuggita l’orologio del cruscotto e capì che avrebbe dovuto correre veramente veloce per arrivare in tempo. Dopo vari tentativi alla cieca riuscì a infilare la chiave nel nottolino e accese l’auto al primo colpo. Un suono pieno riempì la notte alla prima pressione dell’acceleratore mentre il mezzo era ancora in folle. Senza neanche voltarsi uscì dal vialetto in retromarcia e si immise sulla strada principale. Attraversò la città, che per sua fortuna era quasi deserta, e imboccò la provinciale che lo avrebbe portato a destinazione ma, invece di voltare a destra per immettersi in superstrada decise di andare nella direzione opposta per accorciare il tragitto attraverso una serie di strade collinari. A quell’ora della notte non avrebbe incontrato nessuno ed era certo che avrebbe guadagnato minuti preziosi. Accese la radio per compagnia e in automatico partì il CD che era già all’interno. La chitarra di Bob Dylan partì a tutto volume trasformando l’abitacolo in un enorme cassa dalla quale riecheggiava Knockin’ on Heaven’s Door. Il tergicristallo era in perfetta armonia con il beat della canzone. Brian aprì il finestrino quel tanto che bastava per fare in modo che la pioggia non potesse entrare e si accese una sigaretta. Con un gomito poggiato sullo sportello e una mano sul volante guidò inebriato dal sapore del tabacco e dal suono della musica.
Il buio all’interno della macchina si riempì di colpo di luce quando il telefono, poggiato sul sedile del passeggero, iniziò a squillare. L’apparecchio non emise nessun suono, essendo stata tolta la suoneria, ma iniziò a vibrare insistentemente. Senza distogliere gli occhi dalla strada il ragazzo alla guida tese la mano, lo prese, lo sbloccò con un gesto del dito e se lo portò all’orecchio.
«Pronto?». Dall’altro lato sentiva solo rumori confusi e poco chiari. Sembrava che chiunque avesse chiamato stesse sotto la doccia.
«Pronto? Chi è?» ripeté con tono scazzato e infastidito. Qualcuno dall’altra parte stava parlando ma non si capiva cosa stesse dicendo.
«Dài cazzo!» continuò. La voce dell’interlocutore si fece improvvisamente più limpida e comprensibile e urlò «Chi cazzo sei? Cosa vuoi da me?».
«È uno scherzo?» rispose il ragazzo ancora più seccato. Poi continuò «Sei stato tu a chiamarmi!». Chiunque ci fosse dall’altro lato, aveva la voce palesemente rotta dal pianto e, tra un rumore e l’altro, disse «Ti prego aiutami… Ho fatto un incidente!».
Brian non stava capendo cosa stesse succedendo. Non riusciva a riconoscere quella voce. Fece mente locale ma non arrivò a nessun conoscente. Voleva guardare il nome per capire chi fosse. Si allontanò il cellulare dall’orecchio, distolse lo sguardo dalla strada e guardò lo schermo. Dovette socchiudere gli occhi per via della luce e quando riuscì a mettere a fuoco lesse la parola “Anonimo“. Iniziò a pensare che fosse uno scherzo. Era davvero irritato e voleva solo capire chi fosse lo stronzo che si stava prendendo la briga di essere così idiota a quell’ora della notte. Riportò il cellulare all’orecchio giusto in tempo per sentire la voce dall’altra parte gridare «Oh cazzo! È una macchina!».
Il ragazzo ritornò di colpo a guardare la strada dopo essersi reso conto di essere stato distratto troppo a lungo, notò appena in tempo la curva di fronte a lui e sterzò di colpo. Al termine della virata vide improvvisamente una figura longilinea e sfocata al centro della carreggiata, immersa nella pioggia. Frenò istintivamente spingendo il pedale con tutta la forza che aveva nella gamba. L’asfalto bagnato lo fece sbandare. Il muso dell’auto colpì la cosa al centro della strada. Qualsiasi cosa essa fosse si piegò sul suo cofano e sbatté sul suo vetro. Un tonfo secco rimbombò nell’abitacolo nonostante il volume dell’audio fosse molto alto. Il veicolo iniziò a roteare su stesso mentre lo sterzo veniva mosso in modo alternato a destra e sinistra per cercare di ristabilire la giusta direzione. Pochi interminabili attimi, che però sembrarono un’eternità, si susseguirono in maniera confusa e caotica. Dopo aver vorticato senza sosta, la macchina andò a schiantarsi violentemente contro un albero in banchina dal lato del guidatore. Il telaio del mezzo si accartocciò intorno al tronco e della forma originale della macchina non rimase nulla.
Una figura zoppicante uscì lentamente dalla coltre di fumo che aveva invaso l’area tutta intorno. Il guidatore era sopravvissuto miracolosamente allo schianto e ora si muoveva confuso sotto la pioggia. Aveva il volto coperto di sangue e buona parte del corpo dolorante. Si voltò indietro ma non riuscì a riconoscere la forma della sua auto. Provò a guardarsi intorno in palese stato confusionale. Il suo sguardo vagava senza meta intento a rimettere insieme le idee. Non era pienamente cosciente di cosa fosse successo e di cosa stesse accadendo in quel momento. Non capiva come avesse fatto a uscire dall’auto. Ritornò immediatamente alla realtà quando sentì nella mano la vibrazione del cellulare. Ancora più confuso di prima si chiese come fosse possibile che in tutto quel trambusto fosse stato capace di tenere in mano il telefono. Lo schermo riportava nuovamente la scritta “Anonimo“ e una crisi di pianto lo investì quando il suo nervosismo raggiunse l’apice massimo. Non era il momento per gli scherzi. Aprì la chiamata, tirò su col naso, provò ad asciugarsi il volto e rispose gridando «Chi cazzo sei? Cosa vuoi da me?». Per un po’ le parole dell’altro lato furono incomprensibili. Proprio come nella chiamata precedente. La crisi di pianto era sempre più forte e i dolori iniziarono a diventare insopportabili. Con il poco fiato in gola riuscì solo a dire «Ti prego aiutami… Ho fatto un incidente!». La cornetta emetteva solo rumori metallici e voci distorte. Brian era disperato, inzuppato d’acqua e con gli occhi pieni di lacrime. Piangeva mentre impugnava il telefono e camminava lungo la strada, che aveva attraversato poco prima in auto, percorrendola al contrario. Stava cercando di capire cosa avesse investito poco prima. Ripeté diverse volte «Pronto?» al telefono e non ricevette risposta. Stava per arrendersi quando, in un attimo di lucidità si accorse che una moto lo stava per raggiungere. Alzò la mano nella speranza che chiunque fosse alla guida lo potesse aiutare.
Tutto ciò che seguì avvenne in una manciata di secondi. Il suo cervello elaborò così tante informazioni che il tempo sembrò fermarsi. Quando il mezzo fu più vicino, Brian si rese conto che quella non era una moto ma era una macchina con un solo fanale acceso. Il suo corpo fu molto più lento della sua mente nel comprendere cosa stava per succedere. Tutto quello che riuscì a dire poco prima di essere investito dal mezzo in corsa fu «Oh cazzo! È una macchina!»
F4!
Me l'aspettavo ma mi hai sorpreso!
Tutto questo senza stupefacenti, ragazzi! Ve lo assicuro <3