Penna&Calamaro - N° 0016
Della serie: Una storia - Fantasia
Mentre l’eco di un tremendo tuono si disperdeva velocemente nell’aria salmastra e carica di elettricità, Fred aprì gli occhi con uno scatto. Ebbe qualche difficoltà a tenerli aperti perché una forte scarica di pioggia gli stava schiaffeggiando il viso. Probabilmente erano passati già alcuni minuti da quando aveva perso conoscenza.
Era sdraiato in maniera scomposta sulla schiena e sentiva dietro di sé una superficie rigida e instabile. Percepì la sensazione del legno bagnato sotto le mani. Tutto intorno a lui continuava a muoversi in modo casuale e ondulatorio e non aveva punti di riferimento nel cielo nero come la pece sopra la sua testa. Il suo corpo era totalmente fradicio e intorpidito e aveva la forte sensazione di essersi appena svegliato da un sogno febbrile.
Si sollevò lentamente sui gomiti nonostante le grandi difficoltà a restare in equilibrio e mosse lo sguardo al di là del bordo di legno nel quale era confinato. Davanti a lui si stendeva a perdita d’occhio, in ogni direzione, un’infinita distesa di mare nero come l’inchiostro. Le onde si alzavano minacciose tutte intorno e grazie al tatto e alla luce dei fulmini riuscì a capire di essere all’interno di una scialuppa.
Era totalmente solo in balìa dell’abisso e della furia degli elementi.
Provò a pronunciare qualche parola ma il panico bloccava ogni movimento della gola. Nel frastuono della tempesta tutto ciò che riuscì a dire fu «Che cazzo succede?» o almeno questo è quello che credeva. Parte delle parole si perse nel percorso dal cervello alla bocca.
Cercò di ricordare come fosse finito lì ma tutto nella sua mente era nero come il mare nel quale stava vorticosamente galleggiando. Non aveva idea di dove fosse prima di quel momento e un pesante senso di frustrazione iniziò a farsi pesante sulle sue spalle.
Mentre la mente cercava di darsi delle risposte, il corpo captò mille altre sensazioni. Fred si rese conto, con terrore, che il fondo della scialuppa era particolarmente bagnato. Le sue mani, sempre più tremanti e intorpidite dal freddo, si mossero lungo il legno ruvido, finché non sentirono il sottile rivolo d'acqua che si insinuava da un piccolo buco tra le assi. L'acqua gelida continuava a infiltrarsi accumulandosi a un ritmo allarmante.
Iniziò per istinto a rimuovere l’acqua usando le mani pur sapendo, con quel poco di lucidità che gli era rimasta, che sarebbe servito a poco.
«Mi serve qualcosa di meglio!» disse a denti stretti tra sé e sé senza smettere di agitare le mani nell’acqua.
Ulteriormente sballottata dalle onde, la scialuppa fece diversi movimenti inclinandosi in maniera spaventosa prima da un lato e poi dall’altro. Alcuni oggetti, prima nascosti sotto la panca centrale, si mossero all’interno del piccolo spazio e Fred, perdendo l’equilibrio, si mosse con loro.
Quando la scialuppa si stabilizzò nuovamente, l’uomo si rimise seduto e continuò in maniera forsennata a disfarsi dell’acqua finché le sue mani non incontrarono un oggetto metallico. Un piccolo secchio, provvidenzialmente, apparve proprio nel momento del bisogno e quasi con le lacrime agli occhi lo raccolse e iniziò a usarlo per spostare più acqua.
Pur lottando disperatamente per la propria sopravvivenza, ogni sforzo sembrava vano. Ogni volta che riusciva a gettare un po' d'acqua fuori bordo, nuove ondate penetravano attraverso il buco, più veloci e minacciose. Il secchio sembrava diventare più pesante a ogni colpo, come se le sue forze stessero per esaurirsi.
Il respiro iniziò a farsi corto e pesante. L’aria gelida penetrava con prepotenza nei polmoni e ogni millimetro del suo corpo era costantemente colpito da forti raffiche di vento che lo spingevano da un lato all’altro, avanti e indietro. Restare fermo era sempre più difficile se non addirittura impossibile. Aveva la sensazione di essere tra le mani di qualcuno che lo stesse sbattendo forte tenendolo dalle spalle. Dal frastuono della tempesta iniziò a emergere un suono ovattato che sembrava gridare il suo nome.
“Fred!“.
Il suono-voce si perdeva nel rumore delle onde, coperto dagli ululati del vento e dagli schiaffi dell'acqua contro la scialuppa.
"Chi c'è?!" gridò con difficoltà. Non riusciva più a capire se stesse tremando per il freddo o per la paura. La sensazione di essere osservato si fece intensa. Ogni volta che il vento si placava per un istante, la voce tornava, sempre più vicina, ma ancora indefinibile. Si voltava di continuo, cercando disperatamente di capire da dove provenisse quel richiamo, ma tutto ciò che vedeva era l'oscurità che lo stava divorando.
Era da solo, disperato, in ginocchio e con l'acqua che ormai gli arrivava alla vita. Il freddo gli penetrava nelle ossa, e con esso, una sensazione crescente di disperazione.
La scialuppa non dava più l’idea di poter reggere per molto. La pressione del mare la stringeva da ogni lato come una mano intorno a una lattina vuota ormai da buttare. Gli scricchiolii del legno erano così forti da essere udibili nonostante il frastuono della tempesta. Senza perdere le speranze, Fred continuava a disfarsi dell’acqua con il suo secchio nonostante la voce si facesse sempre più vicina e insistente.
“Fred!“.
Decise di ignorarla e continuare a gettare acqua fuori bordo.
Due assi centrali del fondo cedettero nello stesso momento con il suono simile a quello di ossa che si rompono dopo una brutta caduta. Un enorme spruzzo d’acqua si alzò al centro della scialuppa, che venne poi colpita da un’onda su un lato.
Agli occhi di Fred tutto sembrò andare al rallentatore. Quelli che furono pochi secondi si dilatarono in interminabili minuti. La scialuppa iniziò a girarsi. L’uomo cercò di aggrapparsi ai lati con tutta la disperazione che aveva in sé ma il legno scivoloso scappò alla sua presa. Sentì il corpo staccarsi dalla superficie su cui era stato seduto fino a quel momento e venne lanciato come un sassolino da una fionda nel mezzo delle onde del mare. Tutto ciò che riuscì a fare fu rannicchiarsi su sé stesso e trattenere il respiro. Il suo corpo cadde con un tonfo sordo e andò giù.
"Proiettato nuovamente in superficie dalla massa d’acqua spostata nella caduta, riemerse dopo qualche secondo, inspirando quanta più aria possibile. Muoveva disperatamente le braccia e le gambe ma la fame del mare si faceva sempre più avida. Sentiva una forza inarrestabile trascinarlo verso il fondo.
La voce nell’aria si faceva sempre più presente e vicina.
“Fred!“
Non sapeva nuotare e non aveva idea di cosa fare per continuare a restare a galla. Seguì l’istinto del suo spirito di sopravvivenza ma sembrava non bastare.
Più si dimenava e più sentiva di andare giù.
Era stanco. Esausto. Era come lottare contro l’impossibile.
Quella tempesta stava per divorarlo.
Le gambe lo abbandonarono per prime. Diede l’ultimo respiro che riuscì prima di finire inghiottito dall’enorme massa d’acqua.
Intorno a lui tutto era nero.
Puntò lo sguardo verso l’alto cercando di tirarsi fuori dall’acqua muovendo solo le braccia. La superficie sulla sua testa veniva illuminata solo dalla presenza dei fulmini.
Stava disperatamente chiedendo a sé stesso di fare un miracolo.
Il freddo e l’oscurità lo stavano logorando a una velocità disarmante. Sentiva di non farcela più. La voce, ora ovattata dal mare, continuava a chiamarlo insistentemente.
”Fred!”
Iniziò ad agitarsi e smise di nuotare. Si portò le mani alla bocca e al naso. Non riuscì a resistere. Il suo cervello mandò un ultimo chiaro segnale. La volontà sparì. La ragione si fece da parte. Fred guardò l’ultimo fulmine illuminare quella superficie ormai così lontana e fece quello che non avrebbe mai voluto fare: respirò.
L’acqua densa e gelida gli riempì i polmoni e, paradossalmente, una sensazione di fuoco lo investì dall’interno. Non appena il suo petto si fu gonfiato, tutto diventò nero e un solo indistinguibile rumore riempì lo spazio. Uno schiocco secco e deciso sostituì il mare, le onde e la tempesta.
Con un sussulto di tutto il corpo, Fred saltò e ricadde scomposto su una superficie morbida. Affondò le mani nella pelle della seduta e sentì il pavimento sotto i piedi. Aprì gli occhi e li mosse disperatamente in tutte le direzioni. Stava respirando in modo irregolare e frenetico ed era grondante di sudore. La guancia bruciava e pulsava di dolore.
Davanti a lui una donna aveva il volto a pochi centimetri dal suo e la sua mano era sospesa in aria con le dita aperte. Aveva le lacrime agli occhi e l’affanno.
«Fred!» disse con tono preoccupato.
Finalmente riconobbe la voce nella tempesta. Pian piano stava tornando alla realtà.
«Io… Che…»
«Non lo so! Hai chiuso gli occhi e hai iniziato a blaterare. Poi hai perso i sensi e hai iniziato a sbattere le braccia e le gambe!»
«Non… Io…».
Strinse le mani sui braccioli per cercare stabilità e si ricompose in una posizione più comoda. «Credo… Non so… Forse ho sognato…»
«Sognato il cazzo! Sembravi morto!»
«Ero… Ho visto…».
Si interruppe. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
«Mi dici che è successo? Cosa hai visto?»
«Credo di aver visto… Credo di aver toccato… i miei problemi!». Lo disse con tono pacato. Sembrò assurdo anche a lui dopo averlo detto ad alta voce.
«Non ho capito» rispose lei mentre lo guardava con faccia interrogativa.
«Credo di aver visto i miei problemi!» ripeté. Mentre parlava ripensò al mare. «E credo anche di aver visto la mia vita perdersi in mezzo a quei problemi!». Piantò i piedi per terra per sentire la sensazione del pavimento e le mani nei braccioli. Voleva dimenticare l’instabilità del legno della scialuppa.
La donna indietreggiò per sedersi di fronte e continuava a guardarlo confusa.
«Che significa?» chiese.
«Non lo so.» rispose lui. Poi continuò «E ho provato a risolvere i problemi solo con la mia volontà…». Mentre concludeva la frase strinse i pugni nella speranza di risentire la sensazione del metallo del secchio tra le mani.
«Non sto capendo!» incalzò lei preoccupata. «Che vuol dire? Se è uno scherzo non mi piace!»
Fred aprì gli occhi e la guardò. Si sporse verso di lei e le accarezzò il viso. «Va tutto bene» disse. «Era solo un sogno. Non ti preoccupare.»
Tornò con le mani sui braccioli e tenendosi saldo, si diede uno slancio con le braccia e si alzò. Aspettò un istante per sentire se le gambe lo avrebbero sostenuto. Questa volta non lo tradirono. Si sistemò il maglioncino sulle spalle e lisciò una piega con due rapidi colpetti. «Credo di aver bisogno di tempo per pensare. Non è semplice.». Accennò nuovamente un sorriso.
«Dove vai?» chiese lei. Ora era ancora più confusa.
«Faccio due passi!» disse mentre si dirigeva all’uscita. Girò la maniglia e aprì la porta.
«Ma fuori sta diluviando!» gridò lei.
Prima di sparire, Fred si voltò. Questa volta il suo sorriso era grande e sincero. La guardò e le disse «Va bene così. Non ti preoccupare. Imparerò a vivere con la tempesta!»
Se questa storia ti è piaciuta, prova a leggerne un’altra…