Penna&Calamaro - N° 0015
Della serie: Una storia - Distopia
ATTENZIONE!
La storia che segue è un’opera di fantasia.
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
L’agente Flascotto era seduto nell’automobile di ordinanza che era parcheggiata nel vialetto dell’appartamento al civico 89 di via Autentico Colosseo Romano. Sfilò gli occhiali da sole quel tanto che bastava per consultare la cartellina con la lista poggiata sulle sue gambe. La segnalazione effettuata dai vicini lo aveva allertato non poco ma prima di entrare in casa era costretto a effettuare una serie di controlli di prassi. Il Ministero delle Buone Intenzioni ci teneva che tutto fosse al suo posto e che il sistema di ingranaggi politici e sociali costruito sugli errori del passato non si fermasse mai.
La voce nella testa dell’agente lesse in ordine la lista riportata sul foglio in dotazione e a ogni controllo segnò con un simbolo particolarmente marcato quello che aveva appena controllato.
L’impianto solare era al suo posto e la spia ne indicava il corretto funzionamento.
Il giardino contava almeno 14 tipi di piante diverse e tutte autoctone. Su questo punto l’agente si soffermò particolarmente per evitare di farsi sfuggire qualcosa.
C’erano le tracce di un solo tipo di automobile nei pressi della casa e dal sistema informatico centrale sembrava che anche il rifornimento periodico di combustibile statale a carico della scheda signor Beniamino fosse presente e regolarmente pagato.
Sempre dai dati centralizzati si evinceva che la lista della spesa degli ultimi 12 mesi era in linea con le percentuali di consumo della Piramide Geografica Alimentare richiesta dal Ministero della Salute e dell’Equilibrio.
Ogni cosa era perfettamente al suo posto.
La portiera dell’auto si chiuse con un tonfo volutamente sonoro. Flascotto voleva che tutti sapessero che lui era lì e che la Legge non era intenzionata a riposare neanche in quel bellissimo Sabato di primavera. Gli stivali gracchiarono percorrendo il vialetto pieno di pietruzze recuperate dagli impianti di smaltimento dei cantieri edili.
Il proprietario di quella casa era in linea anche con le linee ministeriali facoltative.
Il dito affusolato coperto dal guanto pigiò il campanello e nella casa risuonò una delle sette musichette classiche ufficialmente riconosciute dal Ministero dell’Armonia.
«Chi è?» domandò una voce dall’interno.
«Buongiorno signor Beniamino. Sono l’agente Flascotto. Vengo per conto della Buone Intenzioni!»
Il rumore delle chiavi che giravano nella serratura precedette l’apertura della porta e sulla soglia un uomo sulla quarantina si presentò al suo ospite con uno dei sorrisi più ampi che si fossero mai visti.
«Agente! Che bello vederla! Grazie mille per essere venuto. C’è qualcosa che posso fare per lei?»
Flascotto si prese il tempo di analizzare il suo interlocutore per carpirne ogni singolo movimento. L’apertura della porta a una visita inaspettata sapeva celare piccoli tesori nascosti nei movimenti involontari e lui era capace di riconoscerli e interpretarli. Quell’uomo era impassibile e rilassato. Il suo sorriso era oltre la bellezza richiesta dal Ministero del Bello e del Giusto e ogni cosa di lui iniziò a metterlo a disagio. Non aveva mai visto nessuno toccare vette così alte di perfezione.
«Sono qui per alcune segnalazioni ricevute a suo carico. Spero non le dispiace se effettuo alcuni controlli. È una prassi. Non si preoccupi...»
«Dispiacermi? La prego agente, non scherzi. Sono più che onorato. Entri pure. Le avrei aperto casa mia anche se fosse passato semplicemente per un buon bicchiere di vino locale!».
L’uomo fece seguire un plateale gesto di invito alle sua parole. Si fece da parte e lasciò che l’altro entrasse in casa prima di chiudere la porta alle proprie spalle.
«Che tipo di segnalazioni ha ricevuto, se posso chiedere?»
«Non sono tenuto a divulgare queste informazioni!» rispose secco l’agente che intanto si era portato le mani in vita e aveva iniziato a guardarsi intorno.
Poi continuò: «Mi dica un po’… Da quanto tempo vive qui?»
«12 anni e 8 mesi.»
«Quale attività svolge per la società?»
«Sono un impiegato per un’azienda di intermediazione finanziaria. Stipendio guadagnato. Nessun sussidio!»
«Bene! Bene…».
Quasi senza interessarsi delle risposte, l’agente continuava a ispezionare la casa passeggiando con passo controllato alternandosi tra le mura e la mobilia. Portò la mano verso la libreria presente nel salotto e passò in rassegna i libri e la musica esposti sugli scaffali.
«Autori nostrani, da quello che vedo…»
«Sempre e solo autori nostrani! Come da linee guide!» disse l’uomo sorridendo e poi aggiunse «E se devo esserle sincero era un’abitudine che avevo anche prima che arrivasse il Governo. Diciamo che non sono stato privato di nulla!»
Come poche volte prima di allora, Flascotto aveva seri dubbi sul caso su cui stava lavorando. Non era la prima volta che screzi di gelosia tra vicini di casa sfociassero in segnalazioni false al suo reparto ma mai come quella volta aveva davvero poco a cui aggrapparsi. Una volta partito dalla sede centrale era poco propenso a tornare indietro a mani vuote. Sarebbe stato un fallimento per lui e per la struttura a cui apparteneva. L’educazione dei cittadini, per come la vedeva, passava prima di tutto dall’autorità che la Legge poteva imporre.
«Vive da solo?» chiese dal nulla.
Un velo di tristezza apparve sul volto del proprietario. Si prese il suo tempo prima di rispondere. «Sono sterile per via di una malattia avuta da ragazzino. Come lei sa è legalmente vietato per noi avere una vita sentimentale se non possiamo procreare.»
«Come è giusto che sia!» apostrofò l’agente.
Mentre i due parlavano si erano spostati in cucina. La mano chiusa nel guanto si poggiò sulla maniglia del frigorifero e la porta si aprì. La luce interna investì il volto dell’uomo che intanto si era piegato per controllare cosa ci fosse all’interno.
«E quello cos’è?» chiese l’agente indicando il frutto sul ripiano più basso.
«È un ananasso! Mi è stato consegnato dal corriere del Ministero della Salute e dell’Equilibrio in seno a un programma a cui ho aderito. Proviamo il raccolto di alcune piantagioni locali di prodotti nativamente esotici. Se vuole può controllare l’etichetta. È prodotto in un paese qui vicino!» si giustificò l’uomo.
Flascotto lasciò che il tempo scorresse. Aveva già notato l’etichetta ma voleva solo mettere alla prova quell’uomo. Voleva coglierlo in fallo ma non ci riuscì neanche questa volta.
Con tutta la calma possibile si rimise in posizione eretta e richiuse l’elettrodomestico. Dopo essersi girato poggiò la mano sulla spalla dell’altro e sorrise.
«Direi che qui è tutto a posto, amico mio! Mi dispiace averla disturbata in questa bellissima giornata. Credo sia arrivata l’ora di andare. Sia contento di vivere in un Paese libero!»
«Le ripeto che per me non c’è stato alcun disturbo. Anzi…»
I due presero la strada della porta scambiandosi ancora qualche convenevole di circostanza.
Flascotto si rivolse alla porta e poggiò la mano sulla maniglia.
«Bene signor Beniamino. Colgo l’occasione per salutarla e per augurarle una buona giornata!»
«Anche a lei agente e spero che possa passare un buon weekend!»
Finita la frase il gelo calò improvvisamente nonostante l’afosa giornata.
Gli occhi del proprietario di casa di spalancarono di colpo e il suo corpo si irrigidì mentre una scintilla inaspettata brillò negli occhi dell’agente. Un lieve sorriso iniziò a nascergli all’angolo della bocca perfettamente sbarbata.
«Come ha detto, scusi?»
«Io… ve-ve-veramente… non… è che…» la lingua abbandonò ogni connessione con la mente e non fu più in grado di esprimersi.
La mano guantata si staccò dalla maniglia e con un unico movimento lento e ampio si andò a sistemare a ridosso del fianco. Il pollice e l’indice sganciarono la chiusura di sicurezza attaccata alla cintura e il CLICK che ne venne fuori assordò la stanza nonostante non fosse poi così rumoroso.
La massiccia figura fece ruotare il suo corpo sul tacco di gomma degli stivali e nel frattempo l’Educatore fu sfilato dalla sua custodia per tutta la sua lunghezza.
«Legge 1045. Comma 5. È espressamente vietato esprimersi con termini che non provengono dal nostro vocabolario. Lei questo lo sa, vero?». La domanda era retorica e ogni risposta sarebbe comunque stata inutile.
«Io… volevo dire fine settimana. Lo giuro.»
Ogni passo in avanti dell’agente era un passo indietro per l’altro.
La danza macabra che stavano mettendo in atto durò quel tanto che bastava affinché Beniamino giungesse con le spalle al muro.
L’uomo si fece piccolo e si ritirò nell’angolo. Si raccolse le ginocchia al petto e cercò la sicurezza fetale della propria memoria motoria. Iniziò a piangere e a supplicare l’altro di essere comprensivo.
«La prego! Per favore! È stato un errore ma ho capito! La scongiuro!»
Flascotto ormai oscurava con la sua stazza quello che restava dell’altro. Lo trovò patetico. Con un ghigno di soddisfazione alzò l’Educatore verso il soffitto rendendo quel lungo tubo nero affusolato il prolungamento tanto del proprio braccio quanto delle proprie idee.
L’ebbrezza di quella posa lo mandava in estasi ogni volta.
Attese il tempo necessario per caricarsi dell’energia che gli serviva.
Guardò l’altro uomo dritto negli occhi scavando il più possibile nelle sue pupille dilatate e prima di lanciare il braccio verso il basso disse soltanto: «Sia contento di vivere in un Paese libero!»
Se questa storia ti è piaciuta, prova a leggerne un’altra…
Devo dire che nonostante abbia trovato il setting un po' banale, è stato costruito benissimo per capire subito il tipo di distopia in cui si svolge la storia. E proprio per questo, quando il povero Beniamino ha commesso l'errore fatale me ne sono reso conto prima ancora di leggere della reazione dell'agente, aspettandomi la crudele risposta. Ottimo lavoro! (soprattutto per la satira sui tempi che corrono)